PER L’INNOVAZIONE DIGITALE CI VUOLE COSTANZA
Intervista all’ingegnere e imprenditrice pugliese che ha creato un nuovo hub di sviluppo dell’innovazione digitale nel cuore della Murgia
Come si fa innovazione digitale? Non esistono ricette precise ma di sicuro la testimonianza di Mariarita Costanza vale doppio, perché l’ingegnere elettronico di base a Gravina di Puglia è una delle protagoniste in femminile dell’innovazione tecnologica in Italia, già premiata nell’ambito di Ingenio al femminile nel 2016. In quella che lei ha ribattezzato la Murgia Valley ha fondato con il marito ingegnere la Macnil, società che produce e sviluppa dispositivi di rilevazione satellitare e fleet management, attivando sinergie positive con le istituzioni universitarie. Al posto del distretto del mobile imbottito, Mariarita sta provando, riuscendoci, a costruire tra le colline pugliesi un polo informatico e tecnologico all’avanguardia. L’ultimo prodotto messo sul mercato è una nuova scatola nera per le auto, capace di dare informazioni relative allo stile di guida e soprattutto relative ad eventuali guasti e alle scadenze legate all’uso dell’auto.
Le donne ingegnere sono in aumento nel nostro Paese, e Mariarita Costanza che ha sovvertito le abitudini del fare impresa al Sud, ha idee precise anche sulla questione, complicata, dell’innovazione in Italia.
Di innovazione digitale si discute e si scrive tanto ormai da cinque, sei anni: ma qual è l’innovazione che vince sul mercato, cosa la distingue da un’idea che resta su carta ad una che si realizza?
“L’innovazione vincente è quella che si riesce a comunicare facilmente al mercato, io qui aggiungo all’uomo della strada, a chi è chiamato ad utilizzarla quotidianamente. Oggi si parla tanto di innovazione e di digitalizzazione, a volte perdendo di vista la necessità di coinvolgere nel processo di digitalizzazionel’attore principale, l’utente finale che si troverà ogni giorno (a seconda del settore) a sperimentare i benefici dell’innovazione. Quanto più l’utente finale è maturo negli anni, tanto più risulta poco predisposto al cambiamento. Il rischio, non coinvolgendolo, è che la sua percezione dell’innovazione sia di ‘un azzeramento delle tradizioni’; attività e processi svolti negli anni seguendo delle precise regole e procedure, all’improvviso, vengono stravolti. Ecco che l’innovazione diventa l’antitesi della tradizione. Affinchè l’innovazione sia vincente, di qualunque settore si tratti, è importante dunque motivarla e rendere chiari e facilmente percepibili per tutti i suoi vantaggi.
Quella che oggi chiamiamo innovazione digitale, domani sarà tradizione e ci saranno nuove forme di innovazione domani”.
In Italia c’è l’impressione che la digitalizzazione percorra vie diverse: c’è una cerchia ristretta che ne beneficia, mentre soprattutto nella Pubblica amministrazione gli sforzi fatti nel migliorare l’accessibilità digitale non raggiungono l’ultimo miglio, l’utente finale. Manca l’alfabetizzazione digitale o ci sono dei pezzi nella costruzione di questi percorsi di accesso che non si uniscono alla perfezione?
“Un pò entrambe le cose. Riguardo all’alfabetizzazione digitale, soprattutto nel settore pubblico che ne risente maggiormente, non è facile pensare di fare formazione digitale ad una classe di impiegati prossimi all’uscita dall’esperienza lavorativa. Andrebbe fatta un pò di strategia a lungo termine, per il bene di tutti. Servono figure più giovani e predisposte al cambiamento, quindi all’innovazione, pronte a recepire concetti e logiche completamente nuove. Mi rendo conto che è un processo difficile, ma se non lo gestiamo bene ora, con uno sguardo a più largo raggio, continueremo a parlare di quanto siamo lenti e indietro nelle classifiche mondiali della digital trasformation.
Nel suo percorso imprenditoriale c’è anche il ruolo di business angel: ci può spiegare quando è giusto smettere di parlare di startup e dire che è diventata un’azienda strutturata e capace di generare profitti e nuovi posti di lavoro?
“Quella della startup non è altro che una fase nella vita di un’azienda, la fase iniziale, nella quale ci si mette in gioco e si cerca di delineare una visione. Un pò come nella vita dell’uomo, i primi anni sono quelli in cui si forma il carattere di una persona, che lo accompagnerà per tutta la vita, determinando le sue scelte, nel bene e nel male. Allo stesso modo per un’azienda, nella fase di startup si fanno un pò di scelte che determineranno la vita stessa dell’azienda, mission, scelta del team, mercato di riferimento, target di riferimento, modello di business. Una caratteristica indispensabile per una azienda oggi, in cui i mercati variano abbastanza rapidamente grazie alla globalizzazione, è la resilienza, per cui non è detto che le scelte fatte inizialmente si mantengano per sempre, anzi direi che non accade quasi mai e quando accade, l’azienda è destinata a scomparire dal mercato. E’ giusto smettere di parlare di startup quando è terminata la fase di avvio di un’azienda, quando esiste un team, una mission, un mercato di riferimento, un modello di business, quando si è pronti ad entrare sul mercato. Da quel momento la startup è un’azienda, il cui obiettivo è quello di generare profitti e dare lavoro, la più grande soddisfazione, lo dico da imprenditrice!
Come fa a conciliare l’attività di mamma e quella di imprenditrice di successo?
“Per una mamma non è facile conciliare la carriera, non è impossibile però! Serve sicuramente tanto sacrificio e tanta organizzazione. Sacrificio perchè non è naturale per una mamma non poter stare accanto ai propri bimbi nei momenti importanti della loro crescita, recite di Natale, incontri a scuola con i docenti, saggi di danza e partite di calcetto. Una mamma in carriera impara a convivere con un senso di colpa, dedicare poco tempo alla famiglia, in compenso però impara a dare maggiore qualità al poco tempo trascorso insieme. Vi assicuro che anche i bimbi imparano ad apprezzare il valore inestimabile del tempo e allora è una grande soddisfazione! Organizzazione perchè nell’agenda bisogna considerare anche tutti gli impegni familiari cercando di riuscire a incastrarli, non sempre si riesce, ma non bisogna farsene una colpa.
Lei ha fatto una scelta di vita, fare impresa digitale al Sud: ma è davvero possibile?
“Direi proprio che è possibile ed è anche molto motivante farlo. Il Sud è stato sempre visto come l’ultima ruota del carro, indietro rispetto al resto del Paese sotto tutti i punti di vista. Oggi assistiamo ad una inversione di tendenza, abbiamo voglia di dimostrare che anche al Sud si può fare innovazione digitale, che anche al Sud ci sono imprese nate dal nulla e che, passo dopo passo, caduta dopo caduta, si sono ogni volta rialzate a testa alta e hanno continuato a crescere, portando in alto l’intero territorio. Dobbiamo cercare di fare ancor di più rete tra le imprese del Sud e questo è lo spirito con cui nasce il progetto Murgia Valley, che si pone l’obiettivo di creare in Puglia un polo tecnologico all’avanguardia dove un giorno possano venire in visita centri di ricerca, università e aziende di tutto il mondo. Un territorio cresce solo se l’uomo che ci vive decide di farlo crescere e noi lo abbiamo deciso!