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eHealth, quando l’ICT rinnova la sanità

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La digitalizzazione a tutti i livelli del settore sanitario rappresenta un potente driver per promuovere modelli organizzativi più efficienti e assicurare usi più produttivi delle risorse, come dimostrato dalla spesa complessiva, che è finalmente in aumento

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Tra medicina sul territorio, dematerializzazione dei documenti, soluzioni di cloud computing, big data e analytics a supporto della clinical governance, la digitalizzazione della sanità sta conoscendo una nuova stagione. Con risultati finalmente positivi sulla spesa complessiva, che nello scorso anno ha interrotto la serie negativa, riportandosi ai livelli del 2010. Dopotutto, quelli dedicati alla sanità continuano a rappresentare una fetta significativa degli investimenti in ICT, anche perché le leve tecnologiche per favorire innovazione e sviluppo nell’ambito del settore sanitario sono molteplici, con numerosi strumenti che possono far ottenere nuove efficienze e realizzare i cambiamenti da più parti auspicati.

Investimenti in aumento in Italia

La buona notizia arriva dall’Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità della School of Management del Politecnico di Milano, che nello scorso maggio ha rilasciato i dati del rapporto 2015. Spicca in primo luogo l’aumento del 17% nelle risorse stanziate per la digitalizzazione della sanità italiana nel corso del 2014, che hanno così raggiunto la quota complessiva di 1,37 miliardi di euro, un livello che non si toccava dal 2010. Ma non è ancora il caso di cantare vittoria, visto che quella in ICT rimane tuttora una quota limitata della spesa sanitaria pubblica, essendo pari solo all’1,3% del totale, corrispondente a 23 euro circa per ciascun abitante. Più in dettaglio, in base ai dati del Politecnico di Milano, «la spesa Ict è così ripartita tra i diversi attori del Sistema Sanitario nazionale: 960 milioni di euro è la spesa sostenuta dalle strutture sanitarie (+ 20%), 325 milioni di euro sono spesi direttamente dalle regioni (+10%), 68 milioni di euro dagli oltre 47.000 medici di medicina generale, in media 1.451 euro per medico (+13%), 20 milioni di euro dal ministero della Salute (+5%). Per quanto invece riguarda le tecnologie, «la cartella clinica elettronica rappresenta l’ambito su cui le Aziende sanitarie allocano la quota più rilevante di risorse economiche (58 milioni di euro), seguito dai sistemi di disaster recovery e continuità operativa (40 milioni di euro)» – spiegano al Politecnico. Su questi stessi ambiti, il 40% dei Cio interpellati prevede un incremento degli investimenti nel 2015. Anche per i sistemi di gestione documentale e conservazione a norma, secondo il 50% dei Cio, ci sarà un aumento degli investimenti, in parte resi necessari dagli obblighi sulla fatturazione elettronica verso la PA.

L’orizzonte europeo

Allargando il discorso in ambito europeo, la spesa complessiva per l’ICT in sanità crescerà dai 13,2 miliardi di dollari del 2013 ai 14,6 miliardi del 2018, in base alle previsioni di IDC Health Insights. Sempre secondo gli esperti di IDC, questa crescita sarà guidata dal software, in aumento del 4,6%, mentre la quota di crescita dei servizi si rivelerà meno brillante, attestandosi sull’1,6%, e l’hardware si contrarrà dell’1%. È interessante notare come nei primi cinque paesi europei si concentrino i tre quarti della spesa IT in sanità: nel 2013, questo dato era esattamente il 73%, con il Regno Unito saldamente in testa, ma con una previsione di crescita poco brillante nell’arco dei cinque anni dal 2013 al 2018, inferiore all’1%, mentre la Germania seguiterà a essere il migliore performer, con un 3% complessivo, seguita dalla Francia col 2,2%. Italia e Spagna, sempre in base alle previsioni di IDC, vedranno una spesa in declino. «I vincoli finanziari rappresentano tuttora un serio ostacolo a una crescita sostenibile, ma gli enti sanitari e i decision maker ricorrono sempre più alla digital transformation per modernizzare la sanità, con obiettivi anche di lungo termine. Tra le aree in cui è previsto l’impatto più rilevante della trasformazione digitale, vi sono le iniziative di cura integrate e la modernizzazione degli ospedali» – sottolinea Silvia Piai, EMEA research manager di IDC Health Insights.

Usare i big data

Ma un’altra rivoluzione è già tra noi, ed è quella dei big data. Recentemente, NetApp ha provato a stimare in numeri l’impatto dei big data sul settore sanitario, dove un utilizzo coerente di questi dati potrebbe consentire alle persone di vivere una vita più lunga e sana. Già oggi l’adozione delle cartelle cliniche elettroniche (EHR, Electronics Health Record) consente di fornire informazioni in tempo reale a medici, infermieri e altri operatori sanitari, che possono così prendere decisioni migliori e fare diagnosi più rapide e accurate. Anche perché i numeri in gioco sono davvero tanti: per esempio, spiegano in NetApp, «entro il 2020, le organizzazioni sanitarie useranno 25.000 petabyte di dati, cioè 50 volte i dati disponibili oggi, e un dispositivo di elettrocardiogramma standard raccoglie circa mille punti di dati al secondo, mentre una TAC 3D occupa più di un Gb di spazio». E poiché i dati nel settore sanitario crescono esponenzialmente, la loro analisi sarà una componente molto importante e sempre più integrata nel prossimo futuro, e «un migliore uso dei big data nella sanità potrebbe comportare un risparmio pari a 250-400 mila miliardi di euro ogni anno» – sempre secondo le previsioni citate da NetApp.

Innovazione diffusa

«La sanità sia pubblica sia privata è alla continua ricerca di soluzioni tecnologiche all’avanguardia che possano consentire di gestire in modo unificato e riproducibile i processi interni ed esterni. Se pensiamo a qualche anno fa, l’archivio dei pazienti di un ospedale, per esempio, non era “esportabile” all’esterno, e spesso e volentieri non comunicava tra gli stessi reparti interni. Attualmente, l’IT è entrata praticamente dappertutto e consente notevoli risparmi oltre che realizzare in modo creativo soluzioni tecnologiche davvero innovative» – sintetizza Cristiano Pacitto, general manager di Datamatic Sistemi e Servizi. Per fare un esempio concreto, la società commercializza piattaforme che hanno consentito una prima rivoluzione nel settore della radiologia, facilitando la dismissione delle lastre radiologiche verso la produzione del “CD-Paziente” e ora sta incentivando la prossima rivoluzione con l’introduzione del “Portale-Paziente”, un cruscotto web dove il paziente può scaricare comodamente da casa l’esito dei propri esami o anche inoltrare al proprio medico di fiducia le credenziali per accedere agli esami da remoto, in modo sicuro e nel rispetto della normativa vigente in termini di privacy. In questo modo – spiega Pacitto – «oltre a un indubbio vantaggio per la sanità in termini di costi sia di gestione sia di produzione, si evita che il paziente debba ritornare presso il centro diagnostico solo per ritirare referto e supporto ottico».

Protocollo unico

Sulla base di questi esempi e capitalizzando sulle innovazioni tecnologiche, il discorso può essere allargato. Secondo Cristiano Pacitto, «il ministero della Salute potrebbe valutare la costituzione di un “osservatorio delle innovazioni”, dove le aziende possano accreditarsi e presentare i propri progetti imprenditoriali, in modo da avere un unico interlocutore con cui potersi raccordare e normalizzare i flussi. Oggi, ogni applicazione che deve comunicare i dati e le rendicontazioni alle Regioni ha necessità di accreditarsi presso ogni Regione, con dispendio di energia, tempo e costi. Sarebbe sufficiente rilasciare un unico protocollo in entrata, visto che fondamentalmente i dati sono sempre gli stessi, mentre il problema è costituito proprio dal protocollo di comunicazione». Ma c’è di più: «Il mondo della sanità è stato storicamente retaggio di quelle che sono definite major, ovvero le multinazionali, aziende specializzate che hanno potuto sostenere sia la dimensione dei progetti sia gli oneri di dilazione di pagamento. Mentre queste realtà possono essere, anche se sempre meno, adeguate per la pubblica amministrazione, la sanità privata, e quindi anche quella convenzionata, non può mantenere questo schema che, anzi, spesso appesantisce i processi e ha per sua natura difficoltà ad adeguarsi alle crescenti necessità del privato che mira a offrire servizi sia qualitativi sia quantitativi ai pazienti» – prosegue Pacitto. È in questo ambito che «Datamatic Sistemi e Servizi è in grado di offrire una innovativa piattaforma di practice management, denominata Elios Suite, per la gestione completa dei centri diagnostici e di strutture affini, con un applicativo che si occupa di riunire in un unico cruscotto tutti i processi aziendali e strategici di questo genere di realtà. Il paziente viene seguito dalla prenotazione, all’accettazione e all’eventuale degenza, mettendo le strutture private in grado di integrare tutti i flussi in modo moderno e a costi sostenibili, cosa che precedentemente oltre a non essere possibile non poteva prevedere la flessibilità e capacità di adattamento alle esigenze di ciascun cliente, diversa da Regione a Regione» – conclude Pacitto.

Gestione territorializzata

Non ha dubbi Antonio Barone di Lombardia Informatica, dove ha la qualifica di responsabile della struttura Governo Sistema Informativo Socio Sanitario Regionale: «Il sistema sanitario ha certamente un problema di sostenibilità da affrontare in quanto i cittadini oggi si aspettano di vivere di più e meglio di ieri. È noto che le fasi più problematiche delle patologie croniche sono limitabili tramite la gestione dell’aderenza ai percorsi di salute e diverse risorse sono recuperabili agendo sulla riduzione della cosiddetta “inappropriatezza”. Il successo in tal senso è legato, in Lombardia (si pensi per esempio all’esperienza dei CReG, cioè i Chronic Related Group, o dei più recenti POT, ovvero Presidi Ospedalieri Territoriali) come altrove, ad alcuni fondamentali cambiamenti del sistema salute. Alla luce di questo, prosegue Barone, in futuro occorrerà sempre più ricorrere a misure quali «l’identificazione di percorsi di assistenza per patologia o combinazioni statisticamente e clinicamente rilevanti di patologie cui assegnare un budget per la presa in carico complessiva del paziente; una gestione del percorso di salute del singolo paziente sempre più “territorializzata”, prevedendo la collaborazione attiva di più figure di assistenza che condividono un obiettivo di salute comune, con un “case manager” che avrà il ruolo di regista e la responsabilità prima sul budget per la presa in carico; e infine una maggiore partecipazione e ingaggio del cittadino nel proprio percorso di salute, cioè un empowerment». È in questo scenario che «le tecnologie informatiche, dai sistemi direzionali per le simulazioni e le analisi, ai sistemi per la gestione della collaborazione clinico-assistenziale, dai servizi online e mobile per i cittadini agli strumenti per la dematerializzazione dei processi, saranno abilitanti e indispensabili: la necessità di investirvi risulta evidente proprio per il raggiungimento della sostenibilità del sistema complessivo» – conclude Barone.

L’ora dell’empowerment

Rimanendo in ambito delle Regioni, Lorenzo Sornaga, responsabile area progettuale sanità e sistemi centrali di accesso di Lait, concentra l’attenzione sul potenziamento della sanità territoriale, che «è sicuramente la sfida più importante con la quale misurarsi oggi: è evidente che la riuscita di questa azione passa attraverso la strutturazione dei dati in formati standard e aperti. La conoscenza del dato deve essere accompagnata da una corretta capacità e consapevolezza del paziente in relazione alla propria salute. L’insieme di questi fattori viene definito come il concetto di “patient empowerment”, che rappresenta oggi la frontiera più avanzata della sanità territoriale e l’obiettivo da raggiungere per tutti». Ricordando come in Italia il rapporto fra spesa sanitaria e ICT per la sanità sia pari all’1,4%, contro il 3% del resto dell’Europa – Sornaga avverte che «il progressivo invecchiamento della popolazione mette a dura prova i servizi sanitari regionali in termini di spesa: per contenerla, abbiamo assistito a un susseguirsi di tagli lineari anche nel settore dell’ICT della sanità, i quali se non accompagnati da una corretta logica di ottimizzazione rischiano di ridurre il livello dei servizi. La centralizzazione degli acquisti e la centralizzazione in regione dei sistemi “locali”, quest’ultima azione dell’Agenda Digitale Italiana e del Lazio, sono le altre leve che devono accompagnare l’azione di rinnovamento e razionalizzazione». Non va poi dimenticato che – prosegue Sornaga – «il manifesto siglato a Roma da Assinter, l’associazione che riunisce le società ICT di Regioni e Province autonome, e un gruppo di aziende attive nel settore della sanità digitale rappresenta una novità. L’obiettivo è un percorso che veda insieme Assinter e aziende fra loro concorrenti che hanno accettato di collaborare per la digitalizzazione della sanità. Il manifesto vuole la valorizzazione degli investimenti fatti negli ultimi anni facendo in modo che siano recepiti dal governo nazionale. Inoltre, chiama a un forte sostegno alla collaborazione pubblico-privato, per stimolare gli investimenti e snellire il settore dalle procedure amministrative».

Innovare con le best practice

Parte invece dalle conclusioni della ricerca dell’Osservatorio Digital Innovation in Healthcare promosso dal Politecnico di Milano l’analisi di Flavio Radice, vice president, general manager e COO di Hitachi Systems CBT, azienda che è tra gli sponsor della ricerca. Secondo Radice, «i risultati della ricerca sono stati molto interessanti: è stato osservato che oltre alla conferma della domanda di sistemi di gestione di reparto e di gestione amministrativa, andrà a crescere la richiesta di soluzioni cloud e mobile, nell’ambito sia della telemedicina sia della gestione dei processi socio-sanitari sul territorio». Tra gli esempi di eccellenza e di best practice, Radice menziona WebRainbow, «la nostra piattaforma di Enterprise Information Management, che ha ottenuto un importante riconoscimento durante l’assegnazione del Premio finale Digital Innovation in Healthcare, con la case history realizzata alla ULSS 9 di Treviso: una giuria qualificata, composta da più di trenta direttori generali e amministrativi delle maggiori strutture sanitarie e associazioni di categoria, ha riconosciuto nella nostra soluzione un elevato livello di innovazione e miglioramento della sanità digitale nazionale».

L’esempio della telemedicina

È sulla telemedicina che Mariarita Costanza, direttore tecnico di Macnil – Gruppo Zucchetti, punta l’attenzione, citando un esempio concreto e molto apprezzato: il progetto «SIAM – Servizi Innovativi per l’Autocontrollo Metabolico, cofinanziato dalla Regione Puglia e realizzato da Macnil, società del Gruppo Zucchetti, in collaborazione con il Dipartimento Emergenza e Trapianto di Organi dell’Università degli Studi di Bari e altri partner. Grazie a questo sistema, spiega Mariarita Costanza, «si ottiene l’esito degli esami in tempo reale, la mobilità, l’interattività fra medico e paziente e la fruizione di servizi erogati da ASL, centri di medicina e strutture sanitarie. Il medico competente può intervenire tempestivamente sul paziente in caso di emergenza e, a sua volta, il paziente non deve effettuare spostamenti per recarsi in centri specializzati con conseguente risparmio di costi e tempi». Più in dettaglio, «il progetto si basa sulla valorizzazione e l’elaborazione originale dei dati biomedici risultanti dall’autocontrollo di colesterolo, trigliceridi, glicemia attraverso l’uso di uno o più sensori biomedici e uno smartphone. Attraverso un’opportuna interfaccia fisica, sviluppata nell’ambito del progetto, l’apparecchio telefonico viene collegato allo strumento di misurazione per trasmettere direttamente alla centrale di monitoraggio i dati rilevati. Contemporaneamente, attraverso un collegamento dati, i risultati delle rilevazioni sono trasmessi a un applicativo web. Il paziente può così consultare in qualsiasi momento il proprio “diario glicemico”, che viene archiviato in formato elettronico e aggiornato automaticamente, direttamente dallo smartphone o dal pc e condividerlo con l’équipe medica di riferimento» – prosegue Mariarita Costanza.

Puntare sulla fruibilità

Ci pensa Vincenzo Todisco, managing director di QSL Italia a ribadire che «da anni la sanità richiede sempre più garanzie di continuità operativa all’interno del proprio IT, mirando a gestire i dati con le dovute attenzioni. Protezione e disponibilità continua, a garanzia di eventuali interruzioni e perdite d’informazioni, sono diventate argomento sensibile e ciò stimola la capacità intercomunicante dei software sviluppati, anche in base al concetto di Big Data o Smart Data, posizionandoli sul tema della fruibilità». Riguardo alla spesa, «in alcuni casi specifici, come per esempio lo scambio dei dati e delle informazioni tra sistemi operativi posti in differenti aree o reparti, è possibile unire pratiche di risparmio economico e strutturale semplificando il flusso degli scambi di dati attraverso software di Data Integration, che si occupano di connettere in tempo reale database eterogenei posti su un qualsiasi sistema operativo, dando immediatezza allo scambio e all’aggiornamento dei dati. Si tratta della fruibilità, che va intesa come il risultato della sincronizzazione dei dati originati in diversi luoghi o condizioni, allo scopo di rendere una totale panoramica della situazione anche se ciò coinvolge differenti tipologie di dati distribuiti in diversi sistemi». È anche per questo che, senza generalizzare troppo, «si può tranquillamente dichiarare che a oggi, l’IT è sotto la lente di ingrandimento per fare in modo di “scovare” falle e aree di miglioramento. In questo ambito, il primo elemento preso in considerazione è sempre la garanzia di avere il possesso “certo” dei propri dati e di converso l’uso e la conseguente capacità di analisi ed elaborazione» – conclude Todisco.

Verso un nuovo modello di sanità

Infine, Achille Grisetti, direttore generale di NoemaLife sottolinea che oggi «la sfida è abbandonare il paradigma assistenzialistico e puntare su un welfare inclusivo e tecnologicamente avanzato. Un welfare qualificante, che investa sulla creazione di valore, con la collaborazione tra soggetti pubblici e privati. Occorre definire un nuovo modello di sanità, in grado di prendersi carico non solo dei pazienti acuti ricoverati in ospedale, ma, sempre più, a livello di assistenza domiciliare e sociale, secondo un modello di cura organizzato a rete, che integri i diversi attori che operano nel settore». In questa ottica, l’ICT rappresenta «l’unica strada per riformare il sistema a livello strutturale e ottenere i risparmi richiesti a livello centrale, senza dover tagliare i servizi. Il problema non è “quanto” costa il sistema sanitario, ma “come” e “dove” si decide di allocare le risorse disponibili». E dato che nulla è più efficace degli esempi concreti, Achille Grisetti cita il Laboratorio Logico Unico dell’Area Vasta Emilia Centrale, che è «il primo Laboratorio provinciale d’Italia, tra i primi d’Europa per volumi di prestazioni e innovazione tecnologica e organizzativa. Dopo il Laboratorio Unico Metropolitano di Bologna (LUM) e l’Area Vasta Romagna (AVR), NoemaLife ha applicato la stessa logica allo sviluppo informatico del Laboratorio Unico dell’Area Vasta Emilia Centrale (AVEC). Un unico sistema informatico condiviso e distribuito tra: Azienda USL di Bologna, Azienda Ospedaliera Universitaria Sant’Orsola Malpighi, Istituti Ortopedici Rizzoli, Azienda USL di Imola, Azienda USL di Ferrara, Azienda Ospedaliera Universitaria Sant’Anna di Ferrara».

fonte: Datamanager

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