Dopo la fine del programma di Italia 1, investor al lavoro sulla due diligence delle startup prescelte, che dovrebbe terminare in autunno. Ci sono anche alcune “ripescate”: in tv non avevano riscosso successo. Lo “squalo” Dettori a EconomyUp: «Daremo ai giovani qualcosa di più dei soldi»
di Luciana Maci
I soldi arriveranno non prima dell’autunno per le startup protagoniste di Shark Tank, programma trasmesso da Italia1 tra fine maggio e inizio giugno con cinque investitori che sceglievano idee di business sulle quali puntare. È attualmente in corso la due diligence, che terminerà con ogni probabilità dopo l’estate. In ballo ci sono una ventina di startup (ma il numero non è stato precisato dagli addetti ai lavori) che si stanno sottoponendo a quell’insieme di attività, svolte direttamente dall’investitore o attraverso consulenti esterni, mirate ad approfondire nella fase precedente all’investimento lo stato di salute dell’impresa e i contenuti del business plan.
Alcune delle realtà imprenditoriali alle quali sono stati promessi investimenti probabilmente non supereranno questa fase, come è normale in un contesto del genere, altre invece ce la faranno. Altre ancora sono state ripescate: rifiutate in trasmissione per i motivi più vari, sono tornate ad attirare l’interesse degli investors dopo valutazioni più approfondite elaborate lontano dalla luce dei riflettori. Il loro nome, però, è rigorosamente top secret. A raccontare a EconomyUp il follow-up di Shark Tank è Gianluca Dettori, uno degli “squali” protagonisti del format internazionale insieme a Fabio Cannavale, Mariarita Costanza, Luciano Bonetti e Gianpietro Vigorelli (tre imprenditori e un pubblicitario).
Durante le tre puntate, registrate a marzo e andate in onda due mesi dopo, sono stati promessi investimenti per un totale di oltre 4,3 milioni di euro in 20 startup e idee di business. Una robusta – ed estemporanea – iniezione di capitali in un mercato italiano del venture capital tradizionalmente asfittico. Lo stesso Dettori ricorda che con d-pixel, società di venture capital tecnologico da lui fondata dopo una brillante carriera di imprenditore (è stato tra le altre cose co-founder e Ceo di Vitaminic, piattaforma per la distribuzione di musica digitale su web e mobile), lui e i suoi soci hanno realizzato 19 investimenti in 5 anni. Grazie al traino della tv, è possibile che venga effettuato più o meno lo stesso numero di investimenti ma nell’arco di pochi mesi. Sarebbe un bel salto in avanti per l’ecosistema della neo-imprenditorialità in Italia.
Per portare a termine la missione gli Shark stessi hanno deciso di creare un veicolo di investimento, che dovrebbe chiamarsi Shark Bites. Supportato dalla piattaforma SiamoSoci, l’organismo accoglie anche investitori esterni interessati all’operazione. “Ci sono tanti amici che vogliono darci una mano” dice Dettori, specificando che i contatti e il lavoro con gli altri “squali” in realtà sono iniziati già da aprile, dopo la registrazione delle puntate, durante le quali hanno avuto modo di ascoltare in tutto una settantina di pitch.
“Siamo nella fase della due diligence – ribadisce il venture capitalist – che in alcuni casi è tecnica, per esempio ci sono brevetti da verificare, in altri è orientata a valutare il team oppure il piano di business. Molti deal saltano in questa fase”. Dettori tiene però a sottolineare che “non è solo questione di soldi. A volte la televisione può portare alla banalizzazione dei contenuti e dare messaggi fuorvianti. Ma noi abbiamo scelto di andare in tv, affrontando alcuni rischi che l’esposizione mediatica può comportare, per valutare progetti sui quali investire, come se quegli stessi startupper si fossero presentati da noi in ufficio. Alla fine è irrilevante che la trasmissione sia andata in onda o meno, il nostro lavoro è un altro”.
Un lavoro, tiene a precisare Dettori, che non consiste nell’investire e poi scappare. “Le aziende non hanno bisogno solo di danaro: il contributo reale che un investitore può dare è la massa critica di risorse da offrire, in altre parole il tempo. E tutti noi stiamo dando il nostro tempo per questi progetti”.
Secondo il co-founder di d-pixel, oltre a fornire entertainment Shark Tank ha svolto una funzione educativa, mostrando in modo pratico a tutti gli interessati, e in particolare ai giovani, le dinamiche tipiche di questo mondo. “Il target di pubblico era giovanissimo: abbiamo parlato ai ragazzi delle scuole superiori e dell’università e superiori. Dopo la trasmissione molti di loro mi hanno scritto chiedendo informazioni e illustrandomi progetti. È anche per questi motivi che ho partecipato a Shark Tank”.